Nel 211 a.C. i Romani espugnarono Siracusa. Il console Claudio Marcello non riuscì a risparmiare la vita di Archimede, ma riportò a Roma una delle sue creazioni più fantastiche: un meccanismo che riproduceva le posizioni del Sole, della Luna, e degli astri erranti. Di questa macchina non rimangono che disperse testimonianze dei romani eruditi che ne videro e compresero l'eccezionale significato, ma senza che alcuno ne tentasse una replica o un disegno tecnico. Più di un secolo dopo, l'isola di Rodi era una delle basi navali di Roma e lì aveva operato uno dei massimi astronomi dell'antichità, Ipparco di Nicea, in un periodo e in un ambiente di fermento scientifico senza precedenti nella storia del mondo. Attorno all'85 a.C. una nave da 300 tonnellate carica di oggetti preziosi, verosimilmente bottino di guerra, salpò da Rodi alla volta di Roma, ma non vi giunse mai. Circa duemila anni dopo, tra il 1900 e il 1901, un gruppo di palombari, a caccia di spugne nelle acque di Antikythera, una minuscola isola greca a sud del Peloponneso, si imbatté casualmente nel relitto della nave. Vennero recuperati innumerevoli oggetti di valore, ed in particolare i resti di un meccanismo ad ingranaggi, che solo decenni dopo iniziò a rivelare la sua eccezionale importanza agli studiosi: è parte di una macchina astronomica che rivela una finezza di progetto ritenuta impensabile per quell'epoca. Dopo altri decenni e ulteriori analisi, l'indagine non solo non appare conclusa ma continua a generare sempre più domande. Quel che appare certo è che ci troviamo di fronte a una creazione discesa dagli studi e dai progetti geniali di Archimede, Ipparco e Posidonio, ma che ancora non consente di svelarli quanto vorremmo. In questo incontro vengono presentati il quadro delle ultime ricerche, la struttura tridimensionale secondo le idee più recenti e un modello meccanico funzionante secondo questi schemi: il primo - e sinora unico - realizzato in Italia… dove quella nave sarebbe dovuta giungere.
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